Brasserie Cantillon: dove ogni batterio dà il suo contributo

15 Ott 2024 | News, newsletter

di Salvatore Stanco

Anderlecht forse è un nome che dice poco ai più, ma risuona familiare in tanti appassionati di calcio e ad altrettanti appassionati di birra. In questo quartiere periferico piuttosto anonimo si trova Brasserie Cantillon.
Dal 1937 Cantillon produce il lambic, una birra antica a fermentazione spontanea e dal gusto particolarmente acido. Il lambic era popolare fino alla Seconda guerra mondiale e il suo successo è andato diminuendo fino agli anni ’50 a causa dell’introduzione delle birre a bassa fermentazione (soprattutto le pils). Nel 1980 la maggior parte dei birrifici tradizionali che producevano il lambic, stava scomparendo e solo Cantillon, grazie all’apertura al pubblico e alla trasformazione in un birrificio più tradizionale, mediante la creazione del Musée Bruxellois de la gueuze riuscì a sopravvivere. Oggi è una delle principali attrazioni di Bruxelles con circa 30.000 visitatori all’anno.

Nonostante l’avvento della tecnica, cioè l’invenzione di una macchina refrigeratrice da parte di Karl von Linden, il lambic continua tuttora ad essere prodotto solo nei mesi più freddi, mesi in cui si verifica quella “infezione” naturale del mosto da parte di circa 100 tra batteri e lieviti che lavorano alla fermentazione. Un recente studio ha però evidenziato che “solo” 16 lieviti e 8 batteri giochino un ruolo fondamentale nel processo. Non essendo controllato, i risultati possono essere molto differenti tra una partita e l’altra.

Normalmente la fermentazione e la successiva maturazione, che si svolgono in grandi botti di legno, durano 1 mese, ma per questo speciale tipo di birra possono durare fino ad un anno. Oltre all’onnipresente sottofondo di brett che prospera per tutto il birrificio, vengo colpito dalla frase del romanziere francese Paul Morand “il tempo non ha rispetto per chi prova a fare senza di lui”, quasi a sottolineare che per cogliere certe sfumature, per apprezzare certi prodotti e per portarli alla bocca del consumatore finale non ci sia altra soluzione che aspettare pazientemente (e naturalmente prepararsi degnamente all’attesa).

Il tour del birrificio si conclude con una la degustazione di una lambic di un anno, ancora troppo giovane e dalla imprevedibile acidità volatile che ho esaltato successivamente a tavola con un sauté di vongole. La gueuze, che è un assemblaggio di varie lambic di annate differenti e talvolta invecchiate in botti di legno, risulta leggermente più equilibrata e bevibile. Affiancata alla charcuterie devo dire che esprime anche buona finezza. La degustazione normalmente si concluderebbe con un bicchiere a scelta di kriek o framboise. La prima viene macerata a lungo con ciliegie mentre la seconda con lamponi, entrambi formidabili smorzatori di acidità piuttosto decise. Non potevo non chiederle tutte e due e sono stato accontentato. La Kriek e la Framboise hanno trovato sublimazione con dei fagottini alla frutta, i famosi gozettes.

La complessità e l’imprevedibilità sono il marchio di fabbrica del birrificio, dove brett regna sovrano (every brett you take, parafrasando la celebre canzone di Sting) rendendolo la meta di culto per i fondamentalisti delle birre acide. Purtroppo, il lambic è una bevanda molto delicata e che viaggia mal volentieri. L’unico modo per degustarla in maniera multifacetica è prendere il primo volo per Bruxelles, parcheggiare in Rue Gheude al numero 56 e bussare alla porta.

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