Caponatina siciliana, un piatto unico in equilibrio tra mille sapori

15 Ott 2024 | News, newsletter

di Lucia Oceano

Rieccoci in autunno, con la ripresa di tutte le attività, i buoni propositi e i cambi di stagione. Eppure, è ancora tempo per gli ortaggi estivi, melanzane, pomodori, peperoni, complici le temperature ancora miti e le prime piogge. Se penso che proprio in questi giorni il basilico sul mio terrazzo è un trionfo di foglie e profumi!
Vi racconto della Caponatina siciliana, un piatto unico dai mille sapori e consistenze, ed è proprio sull’equilibrio agro-dolce che chiunque si cimenti in questa pietanza deve tendere. Studiando, confrontando ricette, carpendo segreti e assaggiando. Sono più di trenta le ricette della tradizione e non contiamo quelle tramandate nelle famiglie tra zie, nonne e depositari di verità nascoste. Per darvi una bussola, vi rimando a quelle legate alle province: la caponatina palermitana, che vuole l’uso di concentrato di pomodoro, quella trapanese con l’aggiunta di mandorle leggermente tostate, quella catanese che mette i peperoni e quella messinese che vuole l’uso di pomodori freschi.
Di base, la caponata è una pietanza vegetariana, anzi vegana. Ma non chiamatela contorno, le starebbe stretto, ha un sapore così pieno e opulento che non ha bisogno di comprimari, anche se la trovo perfetta accanto a del pesce, con le alici impanate e fritte ad esempio, si può raggiungere l’estasi del palato. La ricetta base prevede: una cipolla media da affettare sottilmente, che va messa in un tegame con un generoso (generosissimo) giro di olio extravergine di oliva; si aggiungono un mirepoix di 2 carote tagliate e due coste di sedano (se avrete l’accortezza di far sbollentare i cubetti per qualche minuto, l’armonia del piatto ne beneficerà), si uniscono quindi una manciata di olive verdi tagliate a metà e una manciata di capperi sottosale, a mio gusto anche dell’uvetta sultanina lasciata rinvenire. Quattro pomodori maturi, da cui privare i semi e farne una brunoise con l’aggiunta di un cucchiaio di concentrato di pomodoro. Lasciare stufare, regolando di sale. A fine cottura aggiungere un bicchierino di aceto bianco in cui avete sciolto due cucchiaini colmi di zucchero (qui potete, anzi, dovete sperimentare e scegliere il punto agrodolce che più appaga i vostri sensi). A questo punto, e solo ora, si uniscono 3 melanzane medie (su quale tipologia di melanzane si apre un altro universo, suggerisco quelle tonde) tagliate a cubetti, che avrete precedentemente fritto (potrete anche ungere le melanzane e farle dorare in forno ventilato caldissimo, un’opzione che si concede ai non siciliani). Si lasciano insaporire per bene. Si aggiunge abbondante basilico e a piacimento mandorle o pinoli. L’ideale sarebbe gustare la caponatina il giorno dopo, quindi vi potete avvantaggiare se avete deciso di invitare gente a cena.
E che vino abbinare a una pietanza che ha in sè caratteristiche così diverse? Vi dirò che è possibile spaziare tra il rosso e il bianco, esaltando, a seconda della scelta determinate caratteristiche del piatto. Per il rosso, e restando sul territorio, proporrei un Cerasuolo di Vittoria, un assemblaggio di uve nero d’avola e frappato, dai profumi fruttati di ciliegia e prugna con note floreali e speziate, che esaltano le note agrodolci del piatto, un vino morbido che bilancia bene la sapidità.
Per il bianco, mi lascio guidare da un pizzico di audacia (sperimentata) e vi porto in Alto Adige scegliendo un inconsueto Gewürztraminer, un vitigno aromatico dai profumi intensi e complessi, le note floreali e fruttate si sposano bene con i sapori agrodolci, un’intensità gusto olfattiva che si bilancia con la persistenza del piatto.

 

 

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