di Paolo Tamagnini
Nel periodo 2020-2021, in piena emergenza pandemica, abbiamo cercato tutti conforto in qualcosa che avesse potuto fornire motivo di distrazione dalla quotidiana solitudine. Cibo e vino hanno costituito per molti un rifugio di benessere e un’occasione di sollievo dal lockdown, motivati anche dalla facilità di reperimento attraverso l’e-commerce. Il vino ha indiscutibilmente beneficiato di questa particolare circostanza: cantine ed aziende vinicole si sono organizzate per fornire anche i clienti privati, aprendo un canale di vendita alternativo e decisamente salvifico per le economie delle stesse. Ma a distanza di tre anni cosa rimane di questo boom che ha cambiato profondamente le abitudini di consumo? I numeri (fonte Circana) dicono che nel 2020 e nel 2021 l’e-commerce è cresciuto rispettivamente del 150% e del 40% e nel 2022 e nel 2023 è diminuito fisiologicamente solo del 5% e del 14,5%, ma il dato più straordinario è che negli ultimi quattro anni le vendite on line hanno presentato un bilancio di +180% a volume complessivo. In termini assoluti il canale retail dell’e-commerce si attesta nel 2023 a 4,2 milioni di litri di vino fermo e 1,5 milioni di litri di spumante a fronte di 1,5 milioni di litri di vino fermo e 500.000 litri di spumante nel 2019. Il carrello digitale, tuttavia, rimane ancora un’opzione di vendita contenuta rispetto al totale dei volumi (non supera il 5%), ma assume un profilo strategico di penetrazione in alcune fasce di consumers in termini di potenzialità informative, educative e promozionali.
Nonostante il ritorno attuale dei consumi fuori casa, ma anche la spinta inflazionista, oltre le tensioni su alcuni mercati internazionali che hanno condizionato in generale il settore delle vendite del vino, come di altri prodotti agroalimentari, il calo fisiologico dell’e-commerce nell’ultimo periodo è risultato molto contenuto, anche grazie all’apertura degli store on-line delle grandi catene retail generaliste che si sono affiancate ai siti specializzati. Un altro dato interessante rileva che nell’e-commerce la spesa media di ogni transazione risulta più elevata rispetto a quella effettuata nel punto di vendita fisico. È vero anche che l’approccio di tanti produttori nei confronti dello scaffale digitale rimane ancora molto timido, ma rispetto a cinque anni fa sono aumentate la frequenza di acquisto, mentre sono diminuite le quantità di bottiglie immesse nel carrello virtuale; quindi, oggi il consumatore ha migliori occasioni di scelta in termini di prezzo e di assortimento e soprattutto è più consapevole e informato.
Molti osservatori economici che avevano ipotizzato un ritorno alla “normalità” pre-Covid, ovvero un riassestamento dei consumi verso i canali tradizionali, si stanno ricredendo, in quanto l’e-commerce è riuscito in parte ad assorbire gli effetti della recente “tempesta perfetta economica” che ha inciso sugli aumenti dei prezzi delle materie prime e dell’energia, contenendo gli aumenti dei listini dei prezzi. È doveroso dedicare un’ultima riflessione a come approccerà l’Intelligenza Artificiale all’e-commerce, soprattutto nella search semantica: è facile prevedere che l’esperienza di acquisto del consumatore sarà diversa, potendo sfruttare criteri più articolati di “interrogazione” delle piattaforme, con tempi e modi di risposta più performanti, personalizzabili e professionali.