di Francesca Zaccarelli
L’ebrezza è un fenomeno universale, che da sempre ci accompagna. La nostra naturale propensione ad apprezzare l’alcol (che nell’ordine delle cose ci permette di trovare frutti con più zucchero e più nutrienti, e per questo capaci di fermentare prima di marcire) ci ha portato a ingegnarci nel capire come riprodurre quello straordinario fenomeno, contribuendo alla nascita della nostra civiltà. Ben presto, per caso e per vari tentativi, abbiamo scoperto come ottenere da piante, fiori, frutti, tuberi, cereali, miele il nettare divino, e a ben vedere, si tratta di materie prime che possiamo trovare in natura e raccogliere, e che solo in un secondo momento abbiamo deciso di coltivare, diventando stanziali. Tra l’homo sapiens preistorico e le prime popolazioni stanziali, passeranno decine di migliaia di anni. Ma una cosa resterà immutata: il ruolo di raccoglitrice e cuciniera della donna, e quindi anche la sua fondamentale funzione nel preparare bevande fermentate. L’importanza della figura femminile nella produzione di alcol è testimoniata anche della Venere di Laussel, basso-rilievo di 20000 anni che rappresenta la madre terra (una donna), intenta a bere da un corno (sicuramente alcol, visto il ruolo rituale che ricopriva).
Fin dall’antichità, le donne sono state parte integrante della produzione di birra e della distillazione: in Egitto e nei regni Scandinavi, erano responsabili della produzione di birra per le cerimonie religiose, e anche nelle aree del Mediterraneo la produzione di vino era affare di uomini e donne, senza distinzione. Più tardi, le donne divennero maestre della distillazione per scopi medicinali, poi ricreativi e infine commerciali, vendendo alcol ai viandanti e nei mercati. Le moderne attrezzature utilizzate per produrre rum, gin, vodka e altri liquori possono essere fatte risalire alla prima alchimista occidentale, Maria l’Ebrea, vissuta circa 2000 anni fa. A lei si attribuisce l’invenzione di una camera di distillazione in rame o bronzo, che è una prima versione degli alambicchi usati oggi.
Gestire una risorsa tanto importante, divenne ad un certo punto molto rischioso: dal medioevo in poi, il sapere femminile relativo alla produzione alcolica venne poco a poco sottratto e poi condannato, tacciato come una forma di stregoneria ai tempi delle inquisizioni: la produzione di birra casalinga e la distillazione si serviva di calderoni, fuoco e spezie, strumenti che riconducono all’immagine comune delle streghe (e facendoci ora capire molte cose). Certamente, un sapere tanto prezioso non poteva scomparire, nonostante le minacce. Ed ecco che la storia concede ancora spazio alle donne nel mondo dell’alcol: da Madame Veuve-Clicquot (la vedova dello champagne) a Madame Geneva (figura tra il reale e il mitologico, con cui si alludeva al Gin nell’epoca più scura del consumo di questo distillato), per concludere con la produzione di alcol di contrabbando durante il proibizionismo americano e il ruolo di donne come Pauline Sabin nell’abolirlo.
Oggi il mondo dell’alcol è sempre più femminile: dalle birre artigianali e distillati di prima qualità, fino alle gestioni per intero di aziende vitivinicole- anche di importanti dimensioni. Le nuove generazioni di donne stanno reclamando il proprio posto nel settore, facendo rivivere l’eredità delle nostre progenitrici. Questa nuova rubrica è dedicata a loro, raccontando di volta in volta l’insostituibile ruolo femminile nel produrre e commercializzare gli alcolici.