di Paolo Tamagnini
Quasi 3 miliardi di euro movimentati da oltre 13 milioni di visitatori accolti dalle cantine in Italia nel corso del 2023, con un incremento del 16% rispetto all’anno precedente. Un vero e proprio fenomeno del turismo in vigna, che certifica anche un incremento della spesa media e una dilatazione dei tempi di permanenza con decise ricadute positive su tutte le aree territoriali coinvolte. La questione che emerge da queste incoraggianti prospettive e che merita un doveroso approfondimento è la capacità del settore vitivinicolo di adeguarsi a una domanda che cresce e continuerà a farlo in prospettiva futura, ovvero le cantine come sono strutturate e come si stanno attrezzando per accogliere gli enoturisti in perenne movimento?
Dai dati desunti dall’indagine di Ismea e Aite (Associazione Italiana Turismo Enogastronomico) cominciamo dall’analizzare la dimensione delle cantine e che tipologia di accoglienza forniscono: per il 41% si tratta di dimensioni piccole con accoglienza familiare, mentre il 13% sono cantine dotate in un’offerta “innovativa”; seguono cantine con organizzazione strutturata di incoming e cantine di rilevanza storica, architettonica e artistica che rappresentano entrambe il 12% dell’universo. Chiudono le cantine che hanno un brand famoso o che rappresentano un marchio storico (10%) e cantine che rivestono un contesto di rilevanza paesaggistica o naturalistica.
È chiaro che la dimensione familiare è ancora prevalente ed è su questo aspetto che si concentrano gli sforzi del settore per favorire la visibilità, la comunicazione e l’integrazione per mettere le cantine in relazione con circuiti turistici diversificati e già strutturati. Proprio la leva di un’efficace comunicazione può rappresentare un punto di forza nell’attività di promozione: il 98% delle cantine dichiara di avere un sito web e circa il 25% di esse dispone di una sezione del sito dedicata alla sostenibilità; il 17% dichiara di possedere un blog, il 94% di avere una pagina dell’azienda sulle piattaforme social, il 39% gestisce una newsletter, il 14% un proprio canale YouTube e soprattutto il 41% afferma di essere iscritta ad un portale di promozione turistica locale. Sembra quindi confermarsi la digitalizzazione il fattore chiave di sviluppo nell’instaurare un rapporto diretto con i visitatori, anche allo scopo di adottare strategie comunicative correttamente differenziate e profilate sulla tipologia di utenza. Un altro dato su cui riflettere è la stagionalità dell’accoglienza: il 18% delle cantine offre accoglienza turistica solo in alcuni periodi dell’anno e tra quelle che non la offrono mai (11%), due su tre dichiarano che la struttura dell’azienda non lo consente principalmente per assenza di spazi idonei o per ubicazioni difficilmente raggiungibili; un terzo per mancanza di personale qualificato e appena un 10% perché non c’è interesse a curare l’accoglienza.
A proposito della mancanza di figure qualificate addette all’accoglienza, il 32% delle aziende ha avviato azioni di ricerca di personale addetto all’accoglienza turistica e quasi l’80% di esse ha avuto abbastanza o molta difficoltà nel reperire personale, soprattutto nel Nord-Est della penisola. In conclusione, nonostante la grande attrattività enoturistica delle cantine italiane e la loro propensione ad intraprendere percorsi di digitalizzazione anche spinte, sembra che la criticità maggiore sia individuabile nella reperibilità di personale formato e qualificato per l’accoglienza.