di Paolo Tamagnini
Secondo le prime stime vendemmiali pubblicate da Agea, Ismea, UIV e Assoenologi, il dato nazionale indica per l’ultima vendemmia un recupero di circa il 7% rispetto al 2023, attestando in 41 milioni di hl la produzione di vino; un dato che riporta l’Italia alla riconquista della leadership mondiale, grazie anche al drastico calo dei cugini francesi che presentano un calo del 18%. C’è ancora da colmare il gap dalla media dell’ultimo quinquennio che ci vede ancora deficitari di una percentuale del 12,8%, un dato che probabilmente diventerà strutturale a causa delle mutate condizioni climatiche che presenteranno frequentemente nel futuro annate complicate, sofferte e soprattutto imprevedibili.
Le regioni che registrano il saldo positivo più importante in termini produttivi rispetto allo scorso sono quelle dell’Italia centrale con il Lazio, l’Umbria e la Toscana che superano il +30% e soprattutto l’Abruzzo, che quasi raddoppia la produzione (+85%). Sostanzialmente stabili le regioni del Nord, con il dato della Lombardia in forte controtendenza colpita dalle abbondanti piogge (-30%) e in lieve flessione le due isole maggiori (intorno al -20%) a causa della siccità. Indubbiamente pesano su questi dati anche le ripercussioni generate nella scorsa annata dalla diffusione della peronospora e dalle gelate che hanno causato un problematico sviluppo vegetativo. Inoltre le troppe piogge al Nord nel periodo primaverile e la diffusa cronica siccità al Sud hanno contribuito a rendere l’annata corrente ancora complicata, sebbene l’alta variabilità territoriale e le peculiarità pedoclimatiche determinano condizioni eterogenee che rendono difficile quantificare con buona approssimazione la stima delle produzioni almeno fino alla fine della vendemmia. Dal punto di vista qualitativo valgono le medesime considerazioni sulla specificità territoriale: in particolare nelle regioni del Centro e del Sud le uve sono state raccolte in buono stato sanitario ed a uno stadio di raggiunta maturità fenolica.
Nelle regioni del Nord i ritardati tempi di maturazione hanno inciso sul bilancio zuccherino che si riverserà nell’ottenimento di vini con una struttura più contenuta, mentre la costanza di buoni livelli di escursione termica hanno generato un interessante potenziale aromatico, forse il vero potenziale di questa vendemmia. Ma la vera sfida sarà alla prova con il mercato e con il commercio con l’estero, a partire dalle quotazioni con la nuova campagna che si è aperta con una flessione. Ma per capire meglio il trend occorre fare riferimento alle scorte, ovvero i vini in giacenza delle cantine e all’andamento dei consumi, nonché all’export nazionale.
Lo stocking delle cantine registra per il mese di luglio 2024 un -14% rispetto al 2023, ma con una produzione sulle spalle del -20%, certificando una certa difficoltà ad assorbire il prodotto.
Anche i consumi delle famiglie sono in flessione, nonostante ci siano lievi segnali di ripresa della domanda dall’estero.
Sul fronte export resistono i vini in bottiglia, soprattutto IGT con il mercato anglosassone in lieve ripresa e la tipologia spumante a fare da traino con un discreto +11% in volume e +7% negli incassi. Dati modestamente confortanti, ma che richiamano l’attenzione sull’attenta lettura dei dati: l’aumento dei volumi di produzione del vino rispetto all’annata precedente ci regala un importante primato a livello mondiale, ma è fondamentale che sia accompagnato da altrettanti incrementi dei volumi di vendite.