di Stefano Sarasso
Ogni primo fine settimana di febbraio migliaia di visitatori convergono nel Giura per assistere all’apertura delle botti del Vin Jaune. Si celebra così il vino che più sfugge ai dogmi dell’enologia, talmente misterioso da spingere Louis Pasteur, cittadino di questi luoghi, ad effettuare le ricerche sui lieviti e sui batteri che hanno permesso di fondare l’enologia moderna.
Chateau-Chalon è il piccolo borgo medievale della Franca-Contea che presta il nome alla appellation più rappresentativa della produzione di questo vino. La vicinanza con la Borgogna è geologicamente testimoniata dalla presenza di preziose marne giurassiche qui ricoperte dalle tipiche e riscaldanti ghiaie calcaree.
Il Vin Jaune è un ‘’vin insolite’’, prodotto attraverso un uso delicato dell’ossidazione (oxydation ménagée). La storia di questo territorio ci racconta come da queste parti la reazione dell’ossigeno sia sempre stata meno aggressiva nei confronti dei vini, grazie all’efficace ruolo protettivo e mediatore di alcuni lieviti aerobi. Il locale e tardivo vitigno savagnin, imparentato con la famiglia dei traminer, con la sua struttura e ricchezza in acidità si presta in modo ottimale a sostenere questo processo. L’uva savagnin viene raccolta dopo aver prolungato la sua maturazione, dopo la fermentazione il vino viene conservato in vecchie botti borgognone per almeno sei anni senza alcuna aggiunta ulteriore (ouillage). Con il passare del tempo l’evaporazione aumenta il contatto tra la superficie del vino e l’aria generando progressivamente la formazione di un velo continuo costituito principalmente da lieviti del ceppo Saccharomyces Bayanus. Lo sviluppo di questi lieviti spontanei provoca diverse trasformazioni, in particolare l’ossidazione dell’etanolo in etanale (600/770 mg), un’aldeide (profumi di noce e mandorla) che insieme al sotolone (fieno, curry, zucchero bruciato) è responsabile del famoso goût de jaune e del peculiare colore giallo intenso. Circa il 40% delle botti completa il tragitto per divenire vin giallo, ma se nei primi mesi il percorso dovesse apparire incerto, il produttore potrebbe sempre scegliere di imbottigliare anticipatamente il vino confluendo nella più generica Aoc Côtes du Jura. La tenacia di questo velo è tale che solo il 5% delle botti devia in aceto! Al termine della sua evoluzione e senza accidenti il Vin Jaune rappresenta solo i due terzi del volume iniziale del fusto e viene confezionato in una speciale bottiglia clavelin da 62 cl.
Quando e come è nato il mito del Vin Jaune? Difficile stabilirlo. Forse dalla casualità, nella precarietà degli scenari di guerra che hanno interessato questa regione, forse dalla tradizione tipica delle piccole comunità di non imbottigliare per spillare direttamente il vino dalla botte. Con il passare del tempo la pratica ossidativa è stata sempre più percepita come autentica espressione del territorio.
E a tavola? Come gestire una simile alchimia? Gli appassionati dicono che è autosufficiente, come se non fosse una bevanda, ma un alimento. Tattile, salino, ricco di aromi unici, pungente e persistente, non stona certo con un formaggio locale, il Comté di 12 mesi o più ma sembra che l’abbinamento con le carni sia la scelta più amata, dove partecipa con personalità anche alla cottura. Domaine Macle (Chateau-Chalon AOC) e Maison Overnoy-Houillon (Arbois Pupillin Vin Jeaune AOC), due assolute perle del nettare giallo dello Jura.