di Jacopo Manni
Antonio Pulcini è stato un poeta, un artista, forse per qualcuno anche un eroe o addirittura un santo, certamente un pensatore, quasi uno scienziato, di sicuro un navigatore e un trasmigratore come tutti i nostri più spregiudicati commercianti.
Antonio Pulcini era un visionario, un guascone, un infaticabile lavoratore e soprattutto un gran viveur. Che poi se ci fate caso sono esattamente gli ingredienti che da sempre producono i più grandi vignaioli che questo paese, così visceralmente legato alla viticoltura, ha magistralmente saputo esprimere nella sua lunghissima storia. Antonio Pulcini nei racconti di chi l’ha conosciuto ha perfettamente incarnato il dna del genio italico. Antonio è caduto molte volte nella sua lunghissima storia enologica, e sempre si è rialzato, ha imparato, e poi è cocciutamente tornato a lottare e intraprendere. Un personaggio che a volte sembrava anche sfiorato da quella scintilla di follia che tocca, e benedice, ogni paese che ben si voglia far rispettare. Antonio Pulcini da Casal Pilozzo è uno di quelli che ha fatto la storia del vino nella denominazione Frascati. Uno dei pochi che ha saputo creare, quasi dal nulla, la leggenda della malvasia puntinata, che da cenerentola è diventata la regina dei vitigni del Lazio, grazie anche al suo lavoro e alle sue visioni. Antonio Pulcini da Casal Pilozzo ha prodotto immortali, leggendarie malvasie. Gelosamente custodendone segreti e misteri di tali meraviglie liquide di questi luoghi antichi e incantati che sono i Castelli Romani.
Antonio Pulcini è stato “il Valentini della Malvasia”.
Antonio ci ha insegnato che i vini bianchi del Lazio, e soprattutto la malvasia puntinata, non solo non erano vini d’annata, ma avevano una loro unica e incredibile capacità di evoluzione e di maturazione negli anni. La malvasia puntinata si è seduta, anche grazie a quelle misteriose, uniche bottiglie, al tavolo coi più grandi vitigni bianchi d’Italia, per capacità di mantenere ma soprattutto elevare la propria dimensione gustativa. Negli anni Ottanta, ai Vinitaly, Antonio si distingueva con stand faraonici che il Lazio non aveva ancora mai visto e che oggi, forse, sta riuscendo a rievocare. Un uomo capace, nei suoi anni più swinging e ruggenti, di vendere la sua malvasia a 60 sterline a bottiglia a Londra. Come tanti, troppi, geni Antonio è anche stato nemo propheta in patria: le sue bottiglie si trovavano in luoghi leggendari della cucina e della sommelerie mondiale molto più che nei ristoranti di Roma e dintorni. Antonio era anche un maestro dell’arte e dello spirito: musicista, affabulatore, comico di naturale talento e uomo di enorme carisma.
Con la sua scomparsa, perdiamo una luce che aveva illuminato una strada rimasta troppo a lungo nell’oscurità. Antonio Pulcini è stato un grande per il vino, per il Lazio e soprattutto per la sua amata famiglia di Monte Porzio Catone. La sua eredità rimarrà viva nei vigneti e nei cuori, e in qualche preziosa bottiglia rimasta, di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo. Per raccontare i suoi vini ho un ricordo che tengo stretto con me. Per la festa dei 15 anni di Intravino festeggiati da Burde a Firenze tra vignaioli sulla cresta e bombe vere di ogni tipo il vino della serata per molti è stata proprio una sua malvasia del 1993. Rubo da Alessandro Morichetti: “Un colore irreale su vetro trasparente e un naso che in 20 minuti è cambiato 4 volte”. Ciao Antò.