CHABLIS, LO CHARDONNAY VENUTO DAL FREDDO

25 Feb 2019 | Stampa

CHABLIS, LO CHARDONNAY VENUTO DAL FREDDO 

Alla scoperta dello Chablis. L’occasione per conoscere meglio questa zona della Francia e i suoi vini ci è stata data da AIS Lazio con una degustazione organizzata dalla nostra delegazione di Roma. Siamo così andati idealmente in Borgogna, che dal punto di vista vitivinicolo è costituita da 5 territori: Yonne, Côte d’Or (con Côte de Nuits e Côte de Beaune), Chalonnais, Mâconnais e Beaujolais.

La cittadina di Chablis, famosa in tutto il mondo per per la sua AOC (ndr  Appellation d’origine Contrôlée, equivalente all’ italiana DOC, Denominazione di Origine Controllata), si trova nella Yonne, nella parte più settentrionale della Borgogna. I vigneti si estendono per 20 Km nella valle del Serein, il terreno ideale per lo Chardonnay, con marne che si alternano a piccoli banchi di calcare ricchi di piccoli fossi marini. 

Il freddo non dà tregua  e anche in primavera ci sono spesso gelate che possono rappresentare un pericolo per le vigne. Un pericolo che i vignerons cercano di scongiurare anche installando delle stufe tra i filari, con un colpo d’occhio particolarmente suggestivo di notte. 

Ci siamo addentrati  in questo territorio con i vini de La Chablisienne, uno dei produttori maggiormente rappresentativi: é la più grande cooperativa di Borgogna, nonché una delle più grandi della Francia intera. La degustazione è stata dedicata a molte tipologie di Chablis, che hanno rappresentato  tutte le quattro AOC: Petit Chablis, Chablis, Chablis Premiere cru e Chablis Grand cru, con vini di struttura e complessità crescenti.

Nel dettaglio abbiamo degustato:

Petit Chablis: Pas si petit 2017
Chablis: Les Vénérables 2015
Chablis 1er Cru: Côte de Léchet 2014
Chablis 1er Cru: Vaulorent 2014
Chablis Grand Cru: Les Clos 2014
Chablis Grand Cru: Ch. Grenouilles 2014 

Il fil rouge che li collega tutti è naturalmente lo Chardonnay, oltre al terreno: a parte quello del Petit Chablis che è un terreno titoniano, quindi ha grandi percentuali di calcare, gli altri terreni sono Kimmeridgiani, quindi rappresentano una combinazione in cui il calcare fa la parte del leone e nel quale l’argilla ha una sua differente rappresentazione a seconda del Cru e della posizione.

All’esame visivo questi vini sono caratterizzati da un colore giallo verdolino, che viene meno  soltanto dopo diversi anni oppure nel caso di quelle cuvèe che fanno una fermentazione o un affinamento in legno, cosa che a Chablis rappresenta una novità. Infatti storicamente questo è sempre stato il luogo dell’acciaio ma, negli ultimi anni, una parte delle cuvèe fa un affinamento in barrique.

Il naso non abbandona mai la mineralità anche se da cru a cru e  da luogo a luogo, questa cambia, diventa più o meno potente, viene esaltata soprattutto nei terreni che hanno una grande componente a livello di calcare. I Petit Chablis hanno spesso e volentieri una nota vegetale per la loro collocazione sui plateaux, quindi nelle zone in cui la maturazione delle uve è più difficoltosa. La nota vegetale non c’è negli Chablis e nei Premiere Cru e nei Grand Cru, che hanno invece la nota fruttata (frutto spesso e volentieri bianco, agrumato) a cui si aggiunge la mineralità. Presentano di frequente anche una nota floreale molto bella, verticale. Le speziature sono sempre molto delicate perché l’uso del legno a Chablis è comunque una “sostanziale” eventualità: é vero che c’è sempre più legno ma questo rappresenta soltanto il 20-30% della cuvèe. 

In bocca sentiamo acidità, soprattutto per i vini le cui uve provengono da terreni con una predominante componente calcarea. Abbiamo acidità e potenza nel caso dei terreni in cui la marna, quindi la percentuale di argilla, è più importante. E poi c’è suadenza,  lunghezza, in qualche caso grassezza e quasi opulenza, come ad esempio nel Les Clos e più ancora nel Grenouilles, quello forse più opulento, più “grasso”, più consueto per noi italiani. Gli altri hanno una mineralità in bocca che quasi sorprende.

Chapeau!!!

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