Di Jacopo Manni
Negli ultimi anni il vino italiano è cambiato, e non solo per questioni di mercato o di gusto. A cambiare è il clima, e con esso il modo in cui la viticoltura funziona. I vignaioli lo sanno bene: stagioni sempre meno prevedibili, siccità sempre più lunghe, piogge sempre più violente. Territori che per secoli sono stati il cuore della viticoltura italiana rischiano di non esserlo più, e altri, che fino a pochi anni fa sembravano inadatti, potrebbero diventarlo.
Il documentario Gradi. Il vino italiano ai tempi del cambiamento climatico, realizzato da Will Media in collaborazione con la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI), racconta questa trasformazione dal punto di vista di chi la sta vivendo in prima persona: i vignaioli. Un viaggio tra tre territori molto diversi – le Cantine Pupillo a nord di Siracusa, Giovanna Madonia sulle colline romagnole e Ar.Pe.Pe. in Valtellina – per capire come il cambiamento climatico stia riscrivendo il futuro della viticoltura italiana.
A Siracusa, sulle colline romagnole e in Valtellina il paesaggio è diverso, il clima è diverso, i vitigni sono diversi. Ma il problema è lo stesso: il meteo non è più quello di una volta. Lunghi periodi di siccità si alternano a piogge torrenziali, che arrivano in poche ore, con una violenza che mette a dura prova terreni e vigneti.
In Valtellina, Emanuele Pellizzatti Perego di Ar.Pe.Pe. racconta come i muretti a secco, che da secoli permettono la viticoltura sui pendii ripidi della valle, facciano sempre più fatica a reggere l’urto dell’acqua. Lo stesso problema riguarda le colline romagnole, dove le alluvioni sono sempre più frequenti. Lorenzo Costa, esperto di permacultura, spiega come la gestione dell’acqua sia strettamente legata a quella del suolo: un terreno sano riesce ad assorbire l’acqua e trattenerla, mentre un terreno sfruttato, impoverito o compatto la fa scorrere via, peggiorando il rischio idrogeologico.
Di fronte a questo scenario, i produttori stanno cercando soluzioni. Alcuni selezionando vitigni più resistenti al caldo, altri ripristinando tecniche agricole tradizionali come la pergola o l’integrazione di alberi nelle vigne, per mitigare il microclima e migliorare l’infiltrazione dell’acqua nel terreno.
Secondo Stefano Lorenzi, esperto di agroforestazione e direttore del Castello di Grumello, il problema è anche la monocoltura: coltivare una sola specie vegetale significa semplificare troppo un ecosistema, rendendolo più fragile. Integrare altre piante può creare una barriera naturale contro i patogeni e migliorare la stabilità del terreno.
Queste strategie possono aiutare, ma la realtà è che il cambiamento climatico sta già ridisegnando la geografia del vino. Le zone storiche di produzione dovranno adattarsi, e nel frattempo nuovi territori potrebbero diventare sempre più vocati alla viticoltura. Le ricerche dimostrano che nei prossimi decenni le regioni vinicole più favorevoli si sposteranno progressivamente verso nord, ridefinendo il concetto stesso di terroir.
Guardare Gradi significa entrare nei vigneti, ascoltare chi ogni giorno cerca di capire come andare avanti, vedere da vicino come il clima stia cambiando uno dei settori più iconici del nostro paese. Il vino è solo l’inizio: dietro c’è una storia più grande, che riguarda tutti. Perché il clima non sta aspettando nessuno. E ignorarlo non è un’opzione.