di Solange Vernò
Il vino è un compagno dell’umanità da millenni. Non sorprende, quindi, che abbia trovato il suo posto anche nell’arte, diventando un protagonista e motivo iconografico in molte opere pittoriche, dai tempi antichi fino all’arte contemporanea. Osservare il vino nei dipinti significa cogliere una narrazione visiva dell’evoluzione del gusto, dei riti sociali e della cultura legata a questa bevanda così simbolica.
Le prime rappresentazioni pittoriche del vino risalgono alle civiltà antiche: pitture tombali nell’Antico Egitto, mosaici romani, affreschi pompeiani e decorazioni vascolari greche raccontano di banchetti, vendemmie e divinità legate al vino, come Osiride per gli egizi o come Dioniso (Bacco per i romani). Il vino si fa rito e celebrazione, ponte simbolico tra l’umano e il sacro.
Nel Medioevo, il vino assume un significato principalmente liturgico. In dipinti, affreschi e pale d’altare, lo si vede durante l’ultima cena o nei miracoli cristologici. Un esempio iconico è L’Ultima Cena di Duccio di Buoninsegna (1308-1311), dove il vino, simbolo del sangue di Cristo, è presente ma subordinato al messaggio religioso.
Con il Rinascimento, il vino è protagonista della quotidianità, rappresentato in scene di vita domestica, feste e banchetti aristocratici. Caravaggio, in Bacco (1596-1598), ritrae un giovane sensuale con una coppa colma, un cesto d’uva e una caraffa di vino, giocando sul confine tra sacro e profano. È un invito a godere della bellezza dei sensi, della fugacità della giovinezza e della pienezza del piacere.
Ma il vino è anche strumento di ammonimento morale: Jan Steen, pittore olandese del Seicento, nell’opera Il mondo alla rovescia (1663), raffigura una scena di osteria in cui il vino diventa simbolo di disordine e perdita di controllo, ironizzando sui costumi dell’epoca.
Nell’Ottocento, in cui i pittori compiono viaggi più introspettivi, il vino compare in contesti intimi e borghesi. Pierre-Auguste Renoir, in Colazione dei Canottieri (1880), ritrae un’atmosfera festosa e conviviale, dove il vino accompagna sorrisi, sguardi e momenti di condivisione.
Nel Novecento, il vino si arricchisce di significati più astratti, entrando in un linguaggio pittorico in costante evoluzione, alimentato dalle numerose Avanguardie. Ricorrente nelle nature morte, genere che in quest’epoca assume nuova centralità, il vino diventa materia di sperimentazione formale. In Natura morta con bottiglia di vino (1918) di Juan Gris, esponente del cubismo sintetico, la bottiglia è scomposta in piani e volumi geometrici, trasformata in puro gioco di forme. Parlando di nature morte, è impossibile non citare Giorgio Morandi, “poeta delle cose ordinarie”, che ha assegnato alle bottiglie di vino un ruolo costante e centrale nelle sue composizioni. Anche Edward Hopper, voce singolare dell’arte americana, in The Wine Shop (1909) immortala un momento di intimità tra due persone, accompagnato dalla presenza silenziosa ma eloquente di una bottiglia e due calici. In chiave del tutto diversa, il surrealista René Magritte, con L’ami intime (1958), raffigura un bicchiere di vino sospeso a mezz’aria, sfidando logica, gravità e realismo.
Il vino è compagno costante anche nell’arte a noi più contemporanea.
Jean-Pierre Gibrat, fumettista francese ha spesso inserito scene di degustazione di vino nei suoi lavori, creando atmosfere intime e nostalgiche.
David Hockney, artista britannico (ora in mostra alla Fondazione Louis Vuitton a Parigi, con un allestimento dell’italiano Marco Palmieri), ha dipinto nature morte con bottiglie di vino, esplorando colori vivaci e prospettive insolite.
Malcolm Liepke, pittore statunitense fortemente influenzato da Degas, Toulouse-Lautrec e Velázquez, colloca calici e bottiglie di vino in scene emozionalmente potenti e coinvolgenti come in Two Women drinking (2001) o Buy you a drink (2025).
Il vino non è dunque un semplice oggetto di scena collocato in una composizione visiva, è l’espressione dei valori, dei riti, delle emozioni dell’umanità. Ritrovarlo nell’arte significa vedere nel vino non solo un prodotto, ma un racconto ininterrotto tra cultura e gusto, tra atto e memoria.