La Torta Caprese e il vino passito, una dolce passione in un abbraccio che emoziona

24 Feb 2025 | News, newsletter

di Lucia Oceano

Il viaggio enogastronomico di febbraio ha una nota dolce-amara, è il mese allegro dei coriandoli e delle maschere, è il mese romantico dei cuori: rossi, corrisposti, infranti… e meglio ancora se di cioccolato!
Ecco il protagonista di questa tappa, ve lo racconto viaggiando verso sud e stavolta ci fermiamo sulla bella isola di Capri e prepariamo un dolce simbolo della pasticceria partenopea, a base di cioccolato fondente e mandorle: la Torta Caprese.
Si narra che sia un dolce nato dall’errore di un cuoco caprese, Carmine Di Fiore, che nel 1920 si trovò suo malgrado a preparare un dolce per Al Capone (il noto malavitoso italo-americano); un po’ per la tensione un po’ per  la paura (diremmo oggi ansia da prestazione) il giovane chef si dimenticò di aggiungere la farina al composto. Risultato? Un vero e proprio successo gastronomico, una fragrante e leggera crosticina all’esterno e una consistenza umida all’interno. Carmine non lo sapeva ancora, ma aveva realizzato una ricetta inclusiva, perfetta per tutti i golosi, anche intolleranti al glutine.

Di ricette “vere, uniche e originali” della torta caprese ne è piena la rete; dopo averne lette e confrontate diverse, ho deciso di proporvi quella dello chef caprese Luigi Lionetti, che non prevede né aromi né aggiunte di liquori.

Ecco le dosi e il procedimento:
Lavorare 150 gr di burro con 150 gr di zucchero, unendo, uno alla volta, 4 tuorli; unire 200 gr di mandorle pelate ridotte a granella, quindi 250 gr di cioccolato fondente fuso intiepidito (io ho usato il fondente al 70%). Completate con gli albumi montati a neve che andranno incorporati con delicatezza. La ricetta non prevede neanche lievito.
Imburrate uno stampo da 22 cm e infornate a forno statico per 40 min a una temperatura di 180°.
Le caratteristiche organolettiche di questo dolce sono molteplici, abbiamo l’amaro e l’intensità del cioccolato, la grassezza del burro e delle uova e la presenza tattile delle mandorle; in bocca una consistenza quasi tartufata.

Abbiamo bisogno, quindi, di un partner al calice che sappia gestire queste molteplici sensazioni: che sia dolce, morbido e con un’adeguata struttura e nel contempo che sappia alleggerire tutto con una buona freschezza.
Quindi non sbaglierete di certo se abbinate vini passiti o fortificati con una struttura importante, magari il gioco sarà di sperimentare più abbinamenti e decidere quale vi emoziona di più (dal Porto, al Barolo chinato, dallo Sherry al Passito di Pantelleria, dal Torcolato al Marsala).
In abbinamento, vi propongo uno dei miei vini da dessert preferiti, il Sagrantino Montefalco Passito DOCG (Umbria).
La sua dolcezza la dobbiamo all’appassimento delle uve, per almeno 2 mesi sui graticci.
Una maturazione in grandi botte di rovere per  un anno e un lungo affinamento in bottiglia che renderanno i tannini leggeri come una carezza.
Con un bel colore rosso rubino, il vino scorre vellutato e lento nel bicchiere; alcol e struttura sono perfettamente in equilibrio e l’eleganza la si trova anche nel profumo ricco, in cui emergono note di frutti rossi, scorza di agrumi e spezie dolci, con un finale piacevolmente fresco e persistente.

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