Le viti maritate del Lazio: il passato che diventa futuro con “Indomato” di Danilo Scenna

16 Dic 2024 | News, newsletter

di Jacopo Manni

La vite mai cresce dritta e solitaria come una quercia. Si avvolge, si intreccia e cerca la forza nel contatto. La vite maritata è un sistema di allevamento in cui la vite si lega a un albero – olmo, pioppo o acero – crescendo con lui in simbiosi. Questa tecnica, introdotta dagli Etruschi e poi sviluppata dai Romani, non era solo un metodo agricolo ma una forma di agroforestazione ante litteram. La vite saliva verso il cielo, liberando il suolo per altre colture, creando un ecosistema complesso e fertile, in cui coesistevano piante, insetti e microrganismi.
Con la viticoltura industriale, la vite ha perso il suo compagno. I filari ordinati hanno preso il sopravvento, sacrificando biodiversità e varietà. Ma oggi, con la ricerca di pratiche agricole sostenibili, le viti maritate tornano. Tra i pionieri di questa rinascita c’è Danilo Scenna, giovane produttore del Lazio, che ha fatto di questa tradizione un progetto di futuro sostenibile.

Le viti maritate: simbolo di biodiversità
Le viti maritate non si appoggiano a un filo di ferro, ma si abbracciano a un albero. Il marito” non è un sostegno passivo, ma un compagno vivo che dona equilibrio e stabilità. Questo sistema, diffuso anche nelle alberate etrusche e aversane, ha diversi vantaggi. La vite riceve una luce filtrata e più omogenea, mentre il suolo resta libero per le coltivazioni sottostanti. Gli alberi attirano insetti utili, riducendo la necessità di trattamenti chimici. Il sistema diventa un ecosistema resiliente e autoregolante.
Oggi, la vite maritata non è solo un’opzione agricola, ma una scelta etica. In un mercato dominato dalla produzione intensiva, questa tecnica diventa un atto di resistenza.

Il progetto “Indomato” di Danilo Scenna
Mentre la viticoltura moderna punta su filari meccanizzabili, Danilo Scenna ha deciso di tornare indietro per andare avanti. Le sue vigne non sono “soldati in fila”, ma organismi liberi che si intrecciano con gli alberi. Da questa intuizione nasce “Indomato”, il vino manifesto di questa filosofia. Il nome richiama la madre terra e il matrimonio tra vite e albero, espressione di una biodiversità condivisa. Le uve utilizzate per il “Indomato” sono varietà autoctone del Lazio, come Maturano, Pampanaro, Trebbiano e altri vitigni autoctoni tutti provenienti da viti centenarie a piede franco. La vendemmia è manuale, poiché i grappoli crescono a diverse altezze lungo i tronchi degli alberi. Dopo la raccolta, le uve macerano sulle bucce per sei mesi. La fermentazione è spontanea con lieviti indigeni, e il vino matura in vasche di cemento senza filtrazioni né chiarificazioni.
L’”Indomato” di Danilo Scenna diventa un racconto di paesaggio, mentre il mercato del vino tende a standardizzare sapori e forme questo vino si presenta come unico e irripetibile.
Il paesaggio rurale del Lazio un tempo era disegnato dalle viti maritate. Oggi, quei paesaggi sono in gran parte scomparsi, sostituiti dai filari dritti delle monocolture. Ma grazie a uomini come Danilo Scenna, quel paesaggio non è solo un ricordo: è una visione per il futuro.

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