di Paolo Tamagnini
Nell’attesa di valutare il potenziale vitivinicolo laziale dell’annata 2023, in termini di produzione, vendite e soprattutto di qualità, che presumibilmente comincerà a manifestare la tendenza in occasione delle prime fiere del settore che si terranno a breve, è interessante focalizzare l’attenzione su alcuni dati aggiornati di settore, per comprendere meglio il trend di un mercato che sarà caratterizzato nel 2024, secondo molti analisti, da una diffusa forte incertezza a causa soprattutto dell’ultima scarsa vendemmia e della perdurante instabilità degli scenari economici mondiali. Il dato sull’inventario del potenziale produttivo è un indicatore utile a comprendere le risorse produttive di ogni ambito territoriale, in relazione soprattutto alla dichiarata capacità di rivendicare superfici vitate per la produzione di vini a denominazione. In Italia, nel 2022, si registra un valore di 678.059 ettari, con un incremento del 5% dal 2016.
Il Lazio, a fronte di un potenziale produttivo di 18.335 ettari nel 2022, ha fatto riscontrare una diminuzione dell’1,8%, il maggiore decremento tra tutte le regioni italiane. A prima vista potrebbe apparire un dato negativo, ma in realtà nella regione si sta assistendo da alcuni anni ad una profonda riqualificazione del vigneto che ha portato ad espianti mirati ad assicurare una produzione più selettiva. Dai dati AGEA, nel 2022 la produzione di vini e mosti ha sfiorato in Italia la quota di 50 milioni di ettolitri (49.842.611), con una perdita dell’1% rispetto al 2021.
Nel Lazio il differenziale di produzione 2021-2022 ha fatto registrare un crollo del 17%, riallineandosi ai dati riscontrati prima del 2021, annata record per la produzione laziale con quasi un +9% rispetto all’anno precedente. Indagando le dichiarazioni di produzione per tipologia, nel 2022 il Lazio copre il 68% della produzione con vini DOP e IGP, attestandosi sui dati della media nazionale che rileva circa un 71% di produzione qualificata. Esplorando in dettaglio i dati FEDERDOC sulle singole denominazioni di origine del Lazio, le denominazioni “Frascati” (Frascati Superiore DOCG, Frascati DOC e Cannellino di Frascati DOCG) detengono il 16,2% di produzione delle attuali 30 denominazioni DOP; la denominazione interregionale Orvieto arriva a coprire il 25,2% della produzione DOP regionale, lasciando il primato al vasto areale della DOC Castelli Romani che arriva a sfiorare il 29% dell’intero bacino produttivo laziale.
Un dato che fa riflettere è relativo alla esigua, ma qualificata produzione delle denominazioni legate ai vitigni cesanesi (Affile DOC, Olevano Romano DOC e Piglio DOCG) che in totale non raggiungono il 3% della produzione laziale con circa 190 ettari e 7.900 hl di vino prodotti nel 2021.
È di sicuro interesse indagare anche i dati 2022 riferiti alla superficie biologica che viene quotata con una percentuale del 15% sull’intero vigneto regionale (fonte dati ISMEA-SINAB), certificando una sostanziale stabilità rispetto all’anno precedente, ma con un numero crescente di operatori coinvolti (1.581). Infine uno sguardo anche alle esportazioni: nel primo semestre 2023 si riscontra un rallentamento del trend positivo che aveva visto costantemente crescere l’export laziale dal 2017 al 2022 con un +62% (dati ISTAT).
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