di Ivano Menicucci
La Scuola Medica Salernitana diffondeva la conoscenza e i medicamenti a base di erbe officinali, piante e sostanze curative varie, spesso amare. Nasce contemporaneamente la cultura di questo gusto, della quale l’Italia è stata pioniere in tutto il mondo. L’amaro, che fin dalla comparsa dell’uomo sulla Terra era considerato un segnale di allarme per gli alimenti potenzialmente velenosi, diventa ora un importante elemento curativo. L’uso di ingredienti amari si estende ben presto anche in cucina, poiché capaci di attirare l’attenzione e stimolare la curiosità dell’assaggiatore, creando nel cibo interessanti contrasti e dinamizzando l’esperienza gustativa.
L’uso dell’alcol etilico era fondamentale nel processo di estrazione delle componenti attive e ne diveniva anche gradito vettore. Gli alambicchi utilizzati per ottenerlo erano frutto di un miglioramento, a opera degli alchimisti arabi, dei rudimentali apparecchi per la distillazione risalenti a migliaia di anni prima e che erano spesso realizzati in terracotta. Essi consentivano di distillare le sostanze ma erano ben poco efficienti. L’alambicco più antico è stato rinvenuto ad Abrahàm, in Slovacchia e risale a circa 6.000 anni fa.
Nel 1935 alcuni ricercatori scoprono a Tepe Gawra, in quella che era l’antica Mesopotamia, un alambicco risalente al 3500 a.C. È stato datato al 2200 a.C. il distillatore scoperto a Taxila, in Pakistan e a poche centinaia di anni dopo quello ritrovato a Pyrgos, a Cipro.
Diverse civiltà erano riuscite a scoprire la distillazione e a realizzare gli strumenti per praticarla, probabilmente ciascuna all’insaputa delle altre, vista la notevole differenza costruttiva. Si assiste dunque, a partire dal X secolo, a un continuo miglioramento degli apparecchi, che diventano sempre più efficienti e prestanti. Appare chiaro ai costruttori che tutte le fasi della distillazione – ebollizione, condensazione e raccolta – sono fondamentali e richiedono lo sviluppo di elementi appositi.
Alla fine del XIII secolo Taddeo Alderotti introduce l’innovazione del condensatore raffreddato ad acqua, il “canale serpentinum” e grazie alla tecnologia vetraria iniziano a essere sviluppati distillatori dalle forme particolari. Tra questi possiamo annoverare l’alambicco di Vannoccio Biringuccio, risalente alla fine del XV secolo, che può essere considerato l’antenato delle moderne colonne di distillazione e capace di rettificare lo spirito. Quest’ultima operazione verrà esplicitamente descritta, nel secolo successivo, da Giovanni Battista della Porta, inventore dell’idra dalle sette teste. Come la creatura mitologica sconfitta da Ercole in una delle sue dodici fatiche, questo alambicco disponeva di sette ampolle sovrapposte ed era capace di rettificare, ovvero purificare, il distillato. In un mondo in continua trasformazione, compaiono anche alambicchi fantasiosi e assurdi, come “i due gemelli”, che nelle intenzioni dell’inventore avrebbero dovuto distillare all’infinito una sostanza per purificarla perfettamente o, meglio ancora, ottenere l’agognata pietra filosofale.
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