Un viaggio di Deborah Nichele (a cura di Sergio Aricò)
Dall’altra parte del mondo, talvolta oscurata dalla maestosità del vicino continente australiano, si trova una terra affascinante e ancora per certi versi incontaminata: sto parlando della Nuova Zelanda dove vivo da diversi mesi. Precisamente mi trovo a Blenheim nella regione di Marlborough situata a nord dell’isola meridionale. Molte delle attività da svolgere in Nuova Zelanda sono improntate ad uno stile di vita oserei dire bucolico, costellato da avventurose escursioni dove ammirare una natura lussureggiante e variegata con paesaggi unici; non per niente è stata scelta questa terra come set cinematografico per girare la celebre saga de “Il Signore degli Anelli”. Per quel che concerne la nostra tanto amata bevanda, Marlborough con una superficie vitata che rappresenta quasi il 40% del totale per la Nuova Zelanda, è famosa principalmente per tre varietà, il Sauvignon Blanc, il Pinot Nero e lo Chardonnay. Il Sauvignon Blanc in particolare è stata l’uva con la quale la nazione neozelandese si è fatta conoscere a livello planetario e il vino che ne scaturisce non ha eguali per l’esplosione di aromi freschi e intensi che vanno dagli agrumi alle erbe aromatiche, dalla frutta esotica a suadenti note erbacee.
Si coltivano anche il Riesling, il Müller-Thurgau e il Gewürztraminer mentre per le uve a bacca nera troviamo soprattutto nell’isola settentrionale il Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Pinot Nero, quest’ultimo utilizzato anche per la produzione di vini spumantizzati. Il clima è particolarmente fresco e risente fortemente dell’influsso dell’oceano. Le uve maturano, quindi, in modo omogeneo e permettono di produrre vini ricchi di aromi e di acidità naturale grazie anche alle notevoli escursioni termiche che si registrano tra giorno e notte. Dopo un primo periodo di ambientamento, ho deciso di stanziarmi qui iniziando a collaborare per una cantina della zona imparando sul campo i processi lavorativi che portano alla produzione finale del vino.
L’ambiente pedoclimatico è idilliaco per i vignaioli del posto data la quasi totale assenza di insetti nocivi per la salubrità della vite. Il sistema di qualità neozelandese non fornisce particolari indicazioni sulle varietà di uve che possono essere coltivate e nemmeno sulle zone destinate alla viticoltura. Anche le rese per ettaro e i metodi di vinificazione sono una libera scelta dei produttori; se in etichetta è riportata l’area, il distretto o la regione, almeno il 75% del vino deve provenire dalla zona menzionata. Per le aziende che sposano la filosofia biologica, il quadro normativo è meno rigido rispetto al “vecchio mondo”, che nelle annate poco favorevoli può tornare utile. Talvolta, le cantine con grandi produzioni, raccolgono l’uva con una concentrazione bassa di grado zuccherino per poi aggiungerlo durante la fermentazione con il risultato di produrre vini con scarso carattere a discapito della bevibilità.
Nell’ultimo decennio diverse imprese, hanno, invece, deciso d’invertire la rotta puntando su una produzione di qualità. Se navigate sul web alla ricerca di cantine da visitare, troverete un ampio ventaglio di scelta ma ce ne sono alcune che vale assolutamente la pena includere nella vostra lista.
Iniziamo da Clos Henri: produttore biologico di origine francese. I proprietari possiedono una cantina nella zona di Sancerre e hanno deciso di portare la loro conoscenza sul Sauvignon Blanc in Nuova Zelanda. I vini si distinguono in base ai diversi cru, creando due Sauvignon blanc di pregevole fattura. È interessante degustare e comparare i loro “Waimaunga” e “Otira”: quest’ultimo utilizza uve cresciute su un terreno ciottoloso, mentre il “Waimaunga” prende le sue caratteristiche principali dal terreno argilloso tipico delle Wither Hills, le colline vicino alla cantina. Nonostante i vigneti si trovino uno di fianco all’altro, i due vini sono incredibilmente diversi. L’ “Otira” raggiunge una complessità di notevole interesse esprimendo intense note agrumate e di passion fruit. Il “Waimaunga”, invece, sorprende per la sua inebriante mineralità che fa sembrare il vino quasi sapido.
In seconda battuta suggerisco di recarvi presso l’azienda FROMM Winery: questa cantina biologica di origine svizzera è di piccole dimensioni con soli undici ettari vitati. A differenza delle sue vicine di casa, FROMM concentra la produzione sui vini rossi. Possiamo, infatti, degustare Pinot Nero, Malbec e Syrah. L’enologo ama sperimentare e ha, quindi, creato interessanti varianti di Pinot Nero, tra cui alcuni “single vineyard” e “single clone” che sono un elisir. Il mio consiglio? Fatevi servire un Malbec dei primi anni 2000 e non rimarrete delusi. Proseguendo l’itinerario potrete fermarvi da Rock Ferry wines, piccola realtà che produce un’ampia gamma di vini, dallo spumante metodo classico fino a un Riesling vendemmia tardiva.
La sala degustazioni è davvero suggestiva, con un tasting di sei vini che variano in base alla disponibilità. Suggerisco di provare il loro Pinot Nero che con le sue note di arancia e cannella vi riporterà alle tipiche atmosfere invernali.
Da non perdere, inoltre, una visita presso Cloudy Bay. L’azienda è decisamente più grande rispetto alle altre citate. Di proprietà di Louis Vuitton, è dotata di una sala degustazioni spaziosa e raffinata. L’attenzione per i dettagli e la gentilezza del personale sono il loro punto forte. I vini, con tutta onestà, non brillano per complessità ma vale la pena provarli per avere un’idea di cosa significhi bere un classico Sauvignon Blanc di Marlborough con la sua inconfondibile e prevalente nota green; tra un sorso e l’altro è possibile stuzzicare il palato con un tagliere di formaggi di capra dell’azienda locale Cranky Goat. Se siete amanti delle bollicine, è d’obbligo visitare NO.1 Family.
Il fondatore, nato nella zona di Champagne, produce infatti solamente spumanti metodo classico. Seguendo la tradizione francese, l’obiettivo è quello di proporre dei vini che riportano l’imprinting francese valorizzando però il terroir neozelandese.
Chiusa la parentesi degustazioni, l’appetito vien mangiando… come si suol dire. Sotto questo aspetto la Nuova Zelanda gode di alcuni piatti cosiddetti della tradizione anche se il fil rouge che la lega all’Inghilterra è ancora abbastanza preponderante. Innanzitutto, è doveroso assaggiare le cozze dal guscio verde, più grandi e grasse rispetto a quelle del Mediterraneo ma ricche di sostanze nutritive. Per chi volesse addentrarsi nel cuore pulsante della nuova Zelanda non può non provare le prelibatezze come la Kumara (patata dolce) preparata con metodo di cottura tradizionale degli indigeni Maori che prevede lo scavo nel terreno e l’uso di rocce riscaldate per cucinare il cibo che viene riposto, avvolto in un foglio, nella fossa denominata Hangi. Se vi trovate sulla costa occidentale dell’isola sud della Nuova Zelanda dovete mangiare le frittelle di pesce a esca bianca; non va, altresì, tralasciato il kiwi burger, un particolare panino che include un hamburger di manzo, uovo fritto, barbabietola rossa, pomodoro, lattuga, formaggio, cipolle, senape e salsa di pomodoro. Per gli amanti delle crudité di pesce, le ostriche bluff rappresentano un must per le vostre papille gustative. Interessante anche il miele che viene prodotto dal nettare dell’albero di Mānuka, noto per le sue proprietà antibatteriche.
Dulcis in fundo la Pavlova, una torta croccante di meringa condita con panna, fragole, frutto della passione e kiwi che prende il nome dalla ballerina russa degli inizi del XX secolo Anna Pavlova che fece tournée in Nuova Zelanda. Nella città di Blenheim si possono, però, trovare molti ristoranti asiatici (thailandese, malesiano, giapponese), che propongono pietanze davvero invitanti dal sapore d’oriente. Sempre a Blenheim, in periferia, è presente una fabbrica di cioccolato, Makana Confection, dove è possibile vedere la lavorazione del cioccolato in laboratorio e assaggiare qualche delizia prodotta in loco.
Per preparare al meglio il vostro viaggio a Marlborough, ci sono alcuni consigli utili che dovreste tenere a mente: in primis, non dimenticate mai che vi trovate su di un’isola e le condizioni meteo possono variare repentinamente per cui l’abbigliamento va calibrato con attenzione. Nel programmare le visite in azienda, risulta opportuno prenotare con congruo anticipo per essere certi di potervi effettivamente accedere poiché le cantine difficilmente sono aperte oltre le 17.00 così come i negozi e la maggior parte dei ristoranti che chiudono alle 21.00 circa. Qualora decideste di prendere una macchina a noleggio ricordatevi che in Nuova Zelanda il volante si trova a destra e si seguono le regole del codice della strada del Regno Unito. Per i più sportivi c’è, altresì, la possibilità di noleggiare giornalmente o ad ore una bici (anche elettrica), in modo da visitare le cantine senza doversi preoccupare di controlli per la verifica del tasso alcolemico.
Se decidete di mettervi in viaggio nei mesi estivi è opportuno sapere che in Nuova Zelanda siamo in pieno inverno e quindi diverse cantine operano la chiusura stagionale e gli eventi sono più diluiti. Se scegliete, invece, di viaggiare nei mesi di dicembre o gennaio, vi potrete godere appieno l’estate. Siamo alle battute conclusive e quindi non mi resta che augurarvi di poter scoprire questi luoghi meravigliosi da esplorare e che mi ricordano sempre come sia proprio vero che la vita è un viaggio e chi viaggia vive due volte.