La distillazione

21 Feb 2024 | News, newsletter

di Ivano Menicucci
Nel corso dei secoli sono stati realizzati numerosi apparati di distillazione, ognuno con le proprie peculiarità. I materiali utilizzati, la forma geometrica, la varietà dei collegamenti tubieri tra le diverse sezioni e persino la fonte di calore influivano sulle caratteristiche organolettiche del distillato che si produceva. Con questa variabilità non è facile classificare univocamente i distillatori, ma certamente essi rientrano in una delle due importanti famiglie: i distillatori discontinui e quelli continui.
Come anticipa la descrizione, i primi operano a intermittenza mentre i secondi possono, almeno teoricamente, lavorare indefinitamente. La materia prima da distillare nella maggior parte dei casi è di origine vegetale, ma si può partire anche da prodotti animali, come il latte o il miele.
Per produrre un distillato, inteso come bevanda spiritosa, è necessaria la presenza iniziale dell’etanolo. Se la materia di base lo contiene già si può procedere direttamente con la distillazione, altrimenti bisogna elaborarla, saccarificando gli amidi e fermentando gli zuccheri, ottenendo quindi un fermentato. I distillatori discontinui, comunemente chiamati alambicchi, una volta evaporato il contenuto, debbono essere raffreddati, svuotati dalla borlanda, ricaricati con una nuova cotta e riscaldati nuovamente. La pausa è quindi fisiologica e la curva di riscaldamento fa sì che la composizione dei vapori cambi nel tempo. All’inizio vaporizzano prevalentemente le sostanze più bassobollenti, come il metanolo, l’acetato di etile e altri elementi generalmente sgradevoli, se non dannosi alla salute. Una volta condensata in liquido, questa frazione deve essere scartata, con il cosiddetto taglio delle teste. A mano a mano che la temperatura del fermentato sale, i vapori prodotti si arricchiscono di etanolo e sostanze in massima parte piacevoli, che costituiscono, una volta condensate, il pregiato cuore. Proseguendo, il fermentato diverrà  sempre più povero di etanolo, la temperatura supera i 90 °C e compariranno in quantità sempre più importante le sostanze altobollenti, acidi grassi e alcoli superiori, come i butilici e gli amilici. Pur costituendo elementi di arricchimento per le future reazioni di esterificazione, in quantità elevate essi possono rendere sgradevole il distillato, con toni erbacei o sensazioni oleose. Costituiscono le cosiddette code e devono essere eliminate.
Negli alambicchi più complessi, si recuperano le teste e/o le code, dirottandole nuovamente nel distillatore e mescolandole con il liquido in ebollizione, per un ripasso. Queste operazioni dipendono certamente dalla struttura dell’alambicco ma soprattutto dalla materia prima di origine del fermentato. Talvolta per distillare un fermentato ottenuto da materia prima grezza oppure per ottenere acquaviti più raffinate è necessario operare due o più distillazioni successive, per cui nel passato si cercarono altri sistemi più efficienti. Fu solo all’inizio dell’Ottocento che comparvero i primi alambicchi a distillazione multipla, come quello brevettato nel 1805 da Jean-Édouard Adam, antesignano dell’alambicco molto diffuso nei caraibi Double Retort pot still.   

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